Non avevo ancora pensato al cibo e alla cucina come forma di Innovazione Sociale ed invece parlando con Mariza Riva, chef plant based, (cioè di cucina naturale) mi sono accorto di quanto possa essere potente la “buona cucina” come forma di innovazione!

Intanto diciamo che per innovazione sociale intendo un’azione ad impatto positivo (cioè che migliora la situazione di partenza) per chi la fa, chi la riceve e l’ambiente, il territorio.

Ho scoperto, con il contributo di Marzia, che il cibo e la cucina rientrano in questa logica infatti fin dall’antichità è sempre stato evidente e forte il rapporto tra l’alimentazione e la salute e come essa incida sulla vita sociale di un paese.

Già agli inizi del diciannovesimo secolo Anthelme Brillat Savarin, illustre politico e gastronomo dell’epoca, scriveva nel suo “Fisiologia del gusto” che “Il destino delle nazioni dipende dal modo in cui si nutrono”.

La salute (e l’alimentazione) possono sembrare una questione del singolo chiamato sempre di più a responsabilizzarsi sulle proprie scelte ma non solo, la salute (e l’alimentazione) riguardano la vita sociale del singolo, anche durante l’attività lavorativa.  

Le aziende e le organizzazioni oggi sono tenute ad occuparsi della sicurezza e del benessere all’interno dei luoghi di lavoro anche come strumento aziendale al fine di prendersi cura dei propri lavoratori. 

Ed è una scelta delle organizzazioni stesse se gestire questa opportunità e strategia di benessere come mero obbligo legislativo oppure come investimento!

Ed in questo seconda scelta (secondo me la migliore che si possa fare J) l’investimento può avvenire anche promuovendo tra le persone dell’organizzazione la cultura del cibo e di uno stile di vita salutare, anche durante le ore lavorative, e condividendo, formando le persone ad un’alimentazione sana e consapevole.

Un dato da tenere in considerazione, ad esempio, è il fortissimo legame tra una buona e sana alimentazione e la produttività aziendale, chiaro alle aziende che hanno sviluppato uno sguardo a lungo termine sulla crescita aziendale per garantirsi una certa competitività sul mercato. 

Inoltre assicurare alle persone l’accesso a un cibo nutriente, sicuro e equilibrato ed adeguate pause, non è più sufficiente per salvaguardare la salute infatti secondo quanto riportato dall’ILO (international Labour Organization) nel rapporto di Christopher Wanjek “Food at work: workplace solution for malnutrition, obesity and Chronic Diseases” un’alimentazione scorretta nei luoghi di lavoro nuoce alla salute dei lavoratori, rischiando di provocare una perdita di produttività fino al 20%”. 

Un atteggiamento virtuoso è quindi profittevole dal punto di vista sociale, difendendo il diritto alla salute e facendosi promotori di un comportamento etico, economicamente sostenibile ed ingaggiante verso le persone.

Sono ormai molti gli studi in cui viene rappresentato che i cibi poco salutari, così come una poca attenzione nella loro elaborazione, preparazione e somministrazione, possono portare a problemi quali l’obesità, insorgenza di tumori, diabete, malattie cardiologiche e circolatorie fino a provocare malattie croniche, e comunque causare carenze e malnutrizione. 

Tutti questi fattori, se inseriti in un contesto aziendale, comportano il rischio di malattie più gravi e hanno effetti dannosi sulla forza lavoro in termini di produttività, innalzando i tassi di assenteismo e costi.

Al contrario, le giuste scelte alimentari favoriscono 

  • migliorare la qualità della vita, 
  • promuovere un clima aziendale più fecondo e rilassato, 
  • ridurre le difficoltà dei rapporti interpersonali degli individui, 
  • migliorare le prestazioni lavorative 
  • e cambiare radicalmente la giornata lavorativa.

Sonnolenza, abbassamento del livello di attenzione, diminuzione della resa lavorativa, malumore sono infatti cause di una cattiva alimentazione.

Infine, un welfare aziendale propositivo, che contempla programmi di formazione per accrescere la conoscenza personale sul cibo e sulla cucina rappresenta un valido strumento di “incentive” aziendale, molto efficace, per fidelizzare i propri collaboratori e renderli più partecipi alla vita aziendale. 

Incrementare la conoscenza e la cultura del cibo e le scelte alimentari verso uno stato di benessere deve, inoltre, mantenere un approccio inclusivo e sostenibile (es. scelte etiche, culturali e religiose), in linea con le tendenze odierne, nonché esaltare la soddisfazione e l’appagamento personale sono elementi di grande forza e positività. 

Come si fa a prendere la strada dell’alimentazione consapevole?

Le attività che si possono fare per raggiungere questi obiettivi sono le più diverse, a partire da una più attenta gestione della mensa aziendale, per menù e offerta, il miglioramento delle aree di pausa, fino ad arrivare ai distributori degli snack nonché veri e propri percorsi di educazione alimentare, corsi di cucina e prevedere la presenza di figure dedicate per i singoli dipendenti e consulenze personalizzate.

Anche questo è innovazione sociale, vedere il cibo come un’opportunità di benessere per tutti, dalle persone all’ambiente!

Da dove cominciare?  

Dalle persone, in ogni azienda e organizzazione ci sono persone che mangiano (anche durante la giornata lavorativa con mensa, snack, ecc.)!

Ivan Foina – Ideatore e InnovartiereÒper Bollino Etico SocialeÒ   

Marzia Riva – chef plant based – cucina naturale  

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