IN CHE MONDO VIVIAMO?

Sempre più spesso ascolto parole che mi spaventano terribilmente: esaurimento delle risorse naturali, desertificazione, siccità, scomparsa della biodiversità, cambiamento climatico (aumento della temperatura globale, innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani). A questo depauperamento ambientale aggiungiamo la disuguaglianza economica e sociale, la disparità di genere, la disoccupazione, l’aumento dei conflitti, il terrorismo, l’estremismo, le crisi umanitarie, le dinamiche migratorie anche forzose …  

Solo per fare alcuni numeri che le Nazioni Unite hanno diffuso nel 2015: 836 milioni di persone vivono in povertà estrema; una persona su nove al mondo è denutrita; 663 milioni di persone sono sprovviste di acqua potabile; 2,4 miliardi di persone non hanno accesso a servizi igienici di base; ogni anno muoiono più di sei milioni di bambini prima del compimento del quinto anno d’età; 103 milioni di giovani non possiedono capacità di base in lettura e scrittura, di cui oltre il 60% donne; la disoccupazione globale  coinvolge più di 200 milioni di persone; 828 milioni di persone vivono in baraccopoli e non vado oltre.

Non riesco a non chiedermi “Cosa ne sarà di noi, del nostro pianeta, dei nostri progetti, dei nostri sogni?” 

Certo, negli ultimi decenni abbiamo assistito anche ad un notevole progresso: l’interconnessione globale, un maggiore accesso all’istruzione, società basate sempre più sull’informazione e sulla conoscenza, scoperte scientifiche e tecnologiche importantissime… e tutto questo alimenta la mia speranza in un mondo che può ancora trasformarsi, anche grazie all’agenda universale 2030 dell’ONU che arruola tutti, ma proprio tutti, a diventare protagonisti e attori di uno sviluppo sostenibile.  

COSA SIGNIFICA SVILUPPO SOSTENIBILE?

Significa soddisfare i bisogni del presente, garantendo alle generazioni future la possibilità di poter fare lo stesso.

Significa allineare la crescita economica alla sostenibilità ambientale e allo sviluppo sociale. 

E per poter attuare questa riforma, ognuno deve impegnarsi e dare il suo contributo: le nazioni, le istituzioni, le imprese e tutte le persone. 

Questi 17 obiettivi proposti dall’ONU, interconnessi e indivisibili, si concretizzano in 169 traguardi universali ed hanno una rilevanza storica senza precedenti: tutti i capi di stato coinvolti ci promettono che nessuno verrà lasciato indietro. Ed in 15 anni ci porteranno dritti verso un mondo ideale, dove tutti saremo liberi dalla povertà, dalla fame, dalla violenza e dallo sfruttamento, dalle disuguaglianze. Tutti godremo di benessere psico-fisico e sociale, avremo diritto all’istruzione, all’assistenza igienico-sanitaria, alla sicurezza sociale. Tutti avremo acqua potabile, cibo sano e un lavoro dignitoso. Saranno rispettati i nostri diritti umani e nessuno sarà più discriminato. Tutti avremo pari accesso alle risorse energetiche. E tutti i paesi cresceranno da un punto di vista economico, industriale, culturale, sociale e tecnologico. E ci saranno società pacifiche e inclusive, nel rispetto dell’ambiente e del territorio. E tutto questo avverrà grazie alla collaborazione globale di “tutti” i portatori di interesse.  

QUAL È LA MIA MISSIONE, IN QUESTO PROGETTO UNIVERSALE?

Questa è una domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi, oggi. Cosa posso e voglio fare praticamente per dare il mio contributo al mondo?

Io sono una psicologa del lavoro, porto avanti con grande passione progetti di sviluppo organizzativo nelle aziende, che portano al miglioramento delle performance – individuali e di gruppo – attraverso le soft skills e la motivazione intrinseca. 

Credo profondamente che oggi le aziende abbiano estremo bisogno di sviluppare, a tutti i livelli organizzativi, le qualità umane delle persone (saggezza, coraggio, creatività, compassione, connessione) e i valori etici nel fare impresa. E, facendo crescere le persone,  potranno sviluppare il business e distinguersi dagli altri players. 

Queste mie convinzioni, questi valori, questi principi si concretizzano in uno strumento aziendale ancora poco utilizzato e sottovalutato qui in Italia, che oltreoceano ha dato notevoli riscontri sia sulle prestazioni economiche che sociali di impresa, ossia la Responsabilità Sociale di Impresa (RSI).

COS’È LA RSI?

È una scelta volontaria che l’imprenditore assume, di andare oltre gli interessi economici e normativi, ossia creare profitto nel rispetto della legge, per agire un ruolo sociale e, di conseguenza, raggiungere obiettivi etici – fare ciò che è giusto e che non causi danni – e filantropici – sviluppare senso di cittadinanza e contribuire allo sviluppo della comunità. 

In questa logica, le decisioni aziendali possono essere valutate, non solo per la loro profittabilità, ma soprattutto sulla base dell’impatto ambientale e sociale che producono, oltre che sul “valore” che creano per tutti gli stakeholders. In questo modo l’azienda attribuisce importanza a tutti i soggetti coinvolti, producendo un impatto positivo trasversale: gli azionisti godono di maggiori utili e dividendi, chi lavora in azienda  usufruisce di una migliore qualità di vita lavorativa e benessere, i clienti beneficiano dell’immagine positiva dei prodotti/servizi che consumano, i fornitori rafforzano una relazione di reciproco sviluppo, si creano collaborazioni trasparenti con le istituzioni e gli enti di imposta, si tutelano le risorse naturali e ambientali e si partecipa attivamente alla crescita della comunità locale. 

La RSI ha assunto un significato rilevante anche nell’ambito dell’ultimo Piano di Prevenzione Nazionale (PNP 2014-2018 e riconfermato nel 2019), coordinato dal Ministero della Salute, finalizzato a promuovere la tutela della salute in tutti gli ambiti in cui può essere realizzata, insieme alla più specifica tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Ed in questo Piano si esorta ad intensificare l’adozione di politiche volontarie di  responsabilità sociale, come strumento di diffusione di comportamenti virtuosi che favoriscano lo sviluppo sostenibile delle aziende ed il benessere organizzativo. 

 E SE TUTTE QUESTE ARGOMENTAZIONI NON FOSSERO SUFFICIENTI PER LE AZIENDE? 

Secondo una ricerca realizzata dal sociologo Domenico De Masi, Lavoro 2025,  il progresso tecnologico e la produttività del lavoro dei prossimi 10 anni causeranno una perdita del 60% degli attuali posti di lavoro. 

Ma non solo. 

I comportamenti di acquisto dei consumatori sono profondamente cambiati: secondo l’indagine condotta quest’anno in 27 paesi con interviste a 33.000 persone da Edelman, il “Trust Barometer”:

  • il 78% acquistano da aziende che rispettano i diritti umani dei lavoratori
  • il 66% degli italiani crede nel ruolo sociale delle aziende, che dovrebbero non solo perseguire il profitto ma anche migliorare le condizioni economiche e sociali delle comunità in cui operano, attribuendo alle aziende la responsabilità di guidare il cambiamento sociale 
  • il 73% dei consumatori italiani si aspetta che le aziende prendano posizioni chiare su questioni ambientali, sociali e culturali e siano trasparenti sui processi di produzione e distribuzione dei prodotti
  • il 71% dei consumatori vuole acquistare beni e servizi da aziende che riflettono i valori in cui credono
  • il 70% del pubblico intervistato dichiara di desiderare un profondo cambiamento
  • il 47% ha smesso di acquistare prodotti e servizi da aziende non allineate alla propria etica personale.

Questi dati ci dimostrano che le imprese sono chiamate a mettere in atto una grande trasformazione etica, che richiede di mettere al centro del proprio business i valori, le persone e le relazioni.

Introdurre l’etica nella strategia aziendale può diventare un importante elemento, non solo di competitività,  ma di salvaguardia della longevità dell’organizzazione. 

In che modo le aziende possono farlo? Attraverso l’INNOVAZIONE SOCIALE, ossia la realizzazione di specifiche azioni che abbiano un impatto positivo sull’azienda, sui dipendenti, sul territorio e sull’ambiente. Azioni che vadano oltre la mera certificazione finalizzata alla riduzione dei costi del lavoro, azioni che nascono da un percorso creativo che consenta di generare idee la cui realizzazione porti a modificare la situazione aziendale di partenza. Azioni che possano essere comunicate anche all’esterno e che rendano trasparenti i principi etici che guidano l’agire organizzativo. Azioni che possano consentire di misurare le prestazioni sociali  e valutarne il reale impatto su tutti gli stakeholders. 

La parola d’ordine dunque è AGIRE, per il nostro bene, quello dei nostri figli e della nostra madre terra. Agire per diventare la prima generazione che salva il pianeta e non l’ultima a sopravvivere!

Rossana Cal – psicologa del lavoro e InnovartiereÒper Bollino Etico SocialeÒ       

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